Da un lato le paure, espresse da Dino Baggio, poi seguito a ruota da altri ex calciatori, di un eventuale legame tra i farmaci assunti quando giocavano e l’insorgere di tumori come quello per cui è morto nel giorno dell’Epifania Luca Vialli; dall’altro la necessaria prudenza prima di tracciare una linea che congiunga le due cose, anche per rispetto della scomparsa del campione. Il commissario tecnico della Nazionale Roberto Mancini chiede di andarci piano: «Le parole di Dino Baggio? Non ho idea, bisogna andarci con i piedi di piombo con queste dichiarazioni» spiega in occasione della conferenza stampa della nuova maglia Adidas dell’Italia. «Purtroppo — conclude il c.t. sull’argomento — queste cose accadono a tutti, a chi gioca e a chi non gioca».
Prima di lui, e dopo Dino Baggio, erano intervenuti sulla questione anche altri ex calciatori. L’ex difensore di Bari, Verona, Brescia e Milan, Florian Raducioiu, ora che ha 52 anni, ha raccontato i suoi dubbi sulle sostanze assunte durante la permanenza in Italia a una tv locale: «Facevo flebo con un liquido rosa — racconta —. Lo ammetto, ho preso anche delle medicine. Ora chiamerò il medico che ci seguiva a Brescia per capire di più. Per sapere cosa ho preso a Milano, Brescia, Verona». Farmaci che, secondo la sua ricostruzione, spesso venivano presentati come integratori di vitamine e glucosio: «In realtà non sapevamo che cosa stavamo prendendo. Oltre alla flebo, a Milano prendevamo altre cose, pillole. L’ho detto prima e dopo la morte di Gianluca Vialli, c’era anche Gica Popescu. Dobbiamo chiederci perché si verificano queste morti premature».
PUBBLICITÀ
Un racconto dello stesso tenore quello di Massimo Brambati, ex difensore di Torino, Empoli, Bari e Palermo e ora procuratore, che ha espresso le sue preoccupazioni a Processo 7 Gold: «Ho timore anch’io, vent’anni fa lo dissi e mi arrivò una lettera della Figc che mi minacciava. Io, in una società di cui non faccio il nome, prendevo prima della partita il Micoren come se fossero caramelle. All’epoca non era proibito, dopo qualche anno è diventato proibitissimo. Prendevo anche l’Anemina, una sostanza non dopante, ma ne avvertivo l’effetto. Non sentivo la fatica, avevo i battiti accelerati e una maggiore prontezza di riflessi». Tutto, racconta l’ex calciatore, era gestito con grande superficialità anche dagli staff medici delle società: «Avevo 20 anni — conclude — e mi dicevano che facendo una flebo avrei avuto una performance migliore. C’erano allenatori che se non facevi la flebo, si arrabbiavano. Davano sostanze che all’epoca non erano però ritenute doping. Oggi quando sento determinate situazioni che accadono ai calciatori del mio periodo, mi affido a Dio...».
Text to Speech
Select Voice